Le incursioni di Pippo
“Caro il mio Tartaglione”
Racconto di M.M. classe 1945
di Matteo Ferretti
Il 25 aprile 1945 io non ero ancora nata, ma ho i ricordi di mia madre che era nata nel 1916 e quindi ha vissuto tutta la guerra. Il 25 aprile hanno saputo della fine della guerra solo dal suono delle campane che suonavano a distesa e quindi a Ligonchio, un piccolo paese nell’Appennino reggiano, la voce si sparse velocemente.
Un abitante del paese che aveva la radio, un certo sig. Baccini, fece sapere che la guerra era finita. Mio padre che era del 1911, ha fatto 13 anni di militare, è stato preso prigioniero dai tedeschi e internato in un campo di concentramento a Berlino. Quello però era, per fortuna, un campo di lavoro e non di sterminio, quindi il papà, che era elettricista, è riuscito a rimanere in vita perché lavorava.
E’ poi fuggito dal campo di concentramento di Berlino durante un bombardamento degli Anglo-Americani ed è riuscito a tornare a casa. Arrivato a Reggio, ha incontrato la mamma (si erano sposati nel 1941), che lo ha riconosciuto solo dalla voce, perché era molto dimagrito: pesava infatti solo 40 kg. Oltre a mio padre hanno combattuto anche i miei zii, cioè i fratelli di mia mamma, che erano nati nel 1914, nel 1918, nel 1920 e nel 1922.
Quello nato nel 1914 è stato fatto prigioniero ed è stato anche lui in Germania riuscendo a tornare a casa, quello nato nel 1918 era prigioniero degli inglesi in Grecia e ci ha raccontato che nel campo dove si trovava non era stato trattato male. Gli altri miei zii sono tornati dopo l’armistizio dell’ 8 settembre 1943 e per non essere costretti a combattere di nuovo sono stati nascosti nei sotterranei della centrale idroelettrica di Ligonchio.
Mio padre raccontava spesso della sua prigionia e ricordava di essersi salvato dal morire di fame grazie all’aiuto di una signora di una certa età che gli dava di nascosto una pagnotta di pane. Gli aveva fatto capire un po’ a gesti e un po’ perché il papà conosceva qualche parola in tedesco, che sperava che qualche anima buona trattasse così i suoi due figli che combattevano in Italia con l’armata tedesca.
La mamma mi raccontava che aveva vissuto gli anni della guerra sempre con la paura dell’arrivo dei tedeschi che sono arrivati a Ligonchio il 6 gennaio 1942. Anche allora hanno suonato le campane, ma a martello, per indicare pericolo. Tutti gli abitanti di Ligonchio, donne, vecchi e bambini sono fuggiti nei boschi ed hanno trovato alloggio in alcune capanne che usavano i carbonai. I tedeschi erano arrivati a Ligonchio perché era zona partigiana e avevano trovato tracce dei partigiani in una frazione del comune di nome Cinquecerri, per questo fu bruciata e le case distrutte. Gli abitanti per fortuna erano fuggiti e si sono salvati. I tedeschi sono poi ritornati altre volte in paese, ma senza fare rappresaglie.
Un momento molto difficile e pericoloso è stato quando i tedeschi hanno cominciato a requisire il bestiame: conigli, galline, mucche e tutto ciò che trovavano. I miei nonni avevano nella stalla una cavalla bianca ei tedeschi volevano portarla via. La nonna sapeva che senza la cavalla non avrebbero potuto portare il grano al mulino e perciò è andata verso la stalla e ha cominciato a gridare in dialetto: << No, caro il mio Tartaglione, la mia cavalla non la prendi altrimenti noi moriamo di fame>>. Tutti i vicini le gridavano di lasciar perdere perché sarebbe stata uccisa e invece il tedesco si è messo a ridere e se n’è andato.
Le notizie arrivavano a Ligonchio solo attraverso la radio posseduta da una sola persona, essendo zona partigiana, tutti i ponti sui fiumi erano stati abbattuti con bombardamenti e la posta non arrivava. La mamma è venuta a piedi a Reggio 3 volte e oltre alla posta ritirava le razioni dei cibi. Era stata creata infatti da Mussolini una tessera per ogni famiglia ed erano stati razionati il sale, la farina, lo zucchero e il tabacco. Ogni famiglia poteva ritirare solo una determinata quantità di tutto ciò.
Era importante ritirare la posta nella speranza che giungessero notizie dai prigionieri in Germania (mio padre e i miei zii). Per giungere a Reggio occorrevano cinque o sei giorni di cammino sempre col pericolo di essere uccisi. A volte trovavano ospitalità per la notte presso alcune famiglie. Anche a Ligonchio la sera c’era il coprifuoco e occorreva spegnere le luci perché un aereo alleato arrivava a bombardare dove vedeva luce. Chiamavano l’aereo Pippo e dicevano: << Pippo, dove vedo picchio!!>>. Ligonchio è stato risparmiato dai bombardamenti grazie alla presenza della entrale idroelettrica: l’energia era troppo preziosa sia per i tedeschi, sia per gli anglo-americani.