Le incursioni di Pippo
“Voi tutto giocare e niente lavorare”
Racconto di M.R. classe 1926
di Camilla Caffarri e Emanuele Romagnani
Mi ricordo che eravamo sempre in pensiero per gli uomini che erano al fronte, ma allora eravamo solo ragazzi e ci divertivamo anche.
Una mattina a Regnano, il mio paese natale, un signore che aveva la radio ci ha fatto andare tutti per ascoltare le notizie di quel giorno di fine guerra. Allora ha messo la radio sulla finestra, e delle sedie tutte intorno perché sentissimo tutti, e quel giorno ci siamo divertiti da matti.
Quel giorno eravamo molto contenti e, presi dalla felicità, abbiamo dato fuoco al cumulo di paglia di una persona che aveva impiegato mesi e mesi per metterlo in piedi. Poi mio figlio e un suo amico sono andati a suonare le cinque campane del paese, suonavano finalmente tutte e cinque. Noi sotto la torre festeggiavamo e ridevamo, finalmente un giorno speciale.
Della mia famiglia tre persone sono andate al fronte: mio marito Lorenzo a Cuneo, mio cognato Eugenio e mio fratello Giuseppe in Sicilia. Sono tornati tutti a eccezione di Giuseppe, nessuno però mi ha mai voluto raccontare le loro esperienze, sono tornati a lavorare come se niente fosse.
Delle tante giornate che abbiamo passato nei tempi di guerra mi ricordo in particolare che l’inverno precedente alla fine della guerra era venuta molta neve e i tedeschi ci sono venuti a prendere tutti, maschi e femmine, per spalare la neve. Siamo partiti dalla chiesa di Regnano e siamo arrivati fino a Carbonaso, un paesino vicino a Montalto, e allora per svagarci abbiamo cominciato a fare le palle di neve. Ad un certo punto è arrivato il capo dei tedeschi e ci ha detto: ”ALT “, allora noi ci siamo fermati. Poi ha detto: “Tutti a casa perché voi tutto giocare e niente lavorare!”. Allora tutti noi abbiamo smesso di azzuffarci nella neve e siamo andati a casa.
Mi ricordo è che a volte i tedeschi venivano, e dove trovavano posto facevano uscire di casa i padroni di casa e li mettevano nella stalla con le mucche e a volte mettevano i cavalli nella stalla e le mucche le mandavano fuori, di solito si giocava alle carte in quei momenti.
Ci ritrovavamo di sera nella stalla con le mucche per raccontarci delle storie e parlavamo di quello che succedeva oppure filavamo la canapa e i ragazzi, per farci degli scherzi, venivano con degli accendini e cercavano di bruciarla e noi per scappare correvamo nei campi. Facevamo un po’ i matti.
In tempo di guerra mangiavamo pane quando c’era, la polenta e poco altro. A volte c’era un po’ di vino perché nei campi avevamo le viti, carne poca, solo a una sagra o in qualche occasione speciale, mangiavamo solitamente pecora, molta pecora. Quasi sempre mangiavamo anche gli zampini per non consumare niente, non c’erano abbastanza soldi per andare a comprare l’occorrente al negozio, quindi mangiavamo quello che producevamo noi.